N° 87

 

CACCIATORI E CACCIATI

 

Di Carlo Monni (con concetti e personaggi di Fabio Volino)

 

 

1.

 

 

            Camp Lehigh, Virginia. Sabato 7:10 Ora della Costa Orientale degli Stati Uniti.

            Il primo pensiero di Carolyn St. Lawrence, Colonnello dell’Esercito degli Stati Uniti non appena si sveglia è: non ha sognato, è davvero successo?

            La risposta è ovvia guardando la giovane donna bionda distesa accanto a lei nel piccolo letto decisamente disfatto.

-Sei ancora qui.- le dice con tono lievemente incredulo.

-Certo che sono qui.- ribatte Elizabeth Mary Mace, Maggiore dei Marines, attualmente senza divisa, anzi senza nulla addosso esattamente come l’altra -Non dirmi che pensavi che fossi il tipo che dopo aver fatto  sesso con qualcuno se la fila senza salutare? Non posso crederci Cary.-

-Temevo che potessi provare rimorso o vergogna per quello che è successo stanotte.-

-Quello che è successo stanotte è stato qualcosa che ho deciso io per prima e non è nulla di cui debba pentirmi o vergognarmi.- replica Liz.

-E adesso che vuoi fare?- chiede Cary, timorosa della risposta.

            Liz sospira e riflette bene prima di parlare:

-Non voglio fare piani a lungo termine.- dice infine -Lasciamo che le cose seguano il loro corso.-

-Immagino che dovrò accontentarmi.- conclude Cary accarezzandole il viso.

 

            Harlem, Manhattan, New York City. Domenica, ore 07:30. Ora della Costa Orientale degli Stati Uniti.

            È la luce del sole a svegliare Liz Mace. La ragazza si stira pigramente ed il suo pensiero va a Cary St. Lawrence ed a quello che è successo tra loro, qualcosa che solo tre giorni prima avrebbe considerato impensabile.

            Non aveva dato molto peso alla rivelazione sulla sua sessualità che Cary le aveva fatto e nemmeno alla sua confessione di essere attratta da lei.[1] All’epoca era innamorata di Marty Mitchell e reduce, o forse no, da una relazione con Mike Rossi e una terza relazione per giunta con una donna era quanto di più lontano dalla sua mente ci potesse essere.

            Poi Marty e Mike erano stati assassinati e Cary le era stata vicina sostenendola, aiutandola a superare il dolore. Basta questo a spiegare quel che è successo tra loro? Liz non ne è affatto convinta.

            Questi pensieri l’accompagnano ancora mentre scende nella cucina di casa Casper dove la padrona, Sarah  Wilson Casper, sta già preparando la colazione.

-Non sono l’unica mattiniera, vedo.- le dice quest’ultima.

-Da quando sono nei Marines mi sveglio anche molto prima.- replica Liz -Vedo, invece, che i maschi di casa sono dormiglioni.-

-Sam è meglio che dorma ancora un po’. Ha avuto una giornata davvero piena ieri.-

-Lo so molto bene.- commenta Liz.

 

            Harlem, Manhattan, New York City. Sabato, ore 21:07. Ora della Costa Orientale degli Stati Uniti.

            Turk Barrett è un furfantello afroamericano di mezza tacca, piccoli furti o poco più. Ma ha un’interessante caratteristica: è quasi sempre ben informato su quello che succede nel sottobosco criminale di New York.

            Se ne sta tornando a casa quando qualcosa lo afferra per il bavero e lo solleva di peso. No, non qualcosa, qualcuno.

-Fa… Falcon?- balbetta Turk -Co… cosa vuoi da me?-

            L’alato protettore di Harlem lo porta sempre più in alto mentre risponde:

-Si dice che dietro la sparatoria di ieri[2] ci sia Faccia di Pietra ed io voglio trovarlo.-

-Io… io non so dov’è.-

             Falcon lo lascia andare e Turk precipita urlando. Il supereroe afroamericano lo riprende al volo.

-Dunque?-

-Fo… forse mi sono ricordato dove potresti trovarlo.-

            Sam Wilson sorride dicendo:

-Bravo Turk. Vedi che c’intendiamo io e te?-

 

 

2.

 

 

            Harlem, Manhattan, New York City. Domenica, ore 19:43. Ora della Costa Orientale degli Stati Uniti.

            Capitan America deve ammettere che non è esattamente normale amministrazione per lei occuparsi di criminalità organizzata ma anche questo fa parte dei suoi doveri come portatrice della fiaccola dei valori americani dopotutto. Il crimine è un cancro che infesta la Nazione ed anche lei deve fare la sua parte.

            Quando arriva di fronte ad un night club di proprietà di Boss Morgan, ancora vuoto a quest’ora, le guardie del corpo del gangster sono decisamente stupefatte.

-Questa è una vera sorpresa!- esclama Morgan scendendo dalla sua auto -A che devo l’onore, capitano? E soprattutto come hai fatto a trovarmi?-

-Un uccellino mi ha detto che avresti potuto essere qui.- risponde Liz Mace sorridendo.

-Un uccellino o un grosso e cattivo rapace nero?- ribatte Morgan sorridendo a sua volta -In fondo non m’importa. È sempre un piacere vederti. Tanto più gradito quanto più raro.-

-Possiamo lasciar perdere i complimenti e parlare di cose serie?-

-Come preferisci. Cosa posso fare per te, Capitano?-

-Puoi non far scoppiare una guerra ad Harlem.-

            Il volto di Morgan si fa mortalmente serio mentre replica:

-Non l’ho iniziata io questa guerra ma Faccia di Pietra e non puoi chiedermi di non reagire mentre lui cerca di uccidermi.-

-Ci penseremo io e Falcon a lui.- ribatte Cap -Lo assicureremo alla Giustizia.-

            Morgan scoppia in una grassa risata.

-Scusami.- dice poi -Ma sei davvero così ingenua? Lo sai che è successo l’ultima volta che il tuo predecessore[3] e Falcon hanno, per usare le tue parole, assicurato Faccia di Pietra alla Giustizia?[4] Al mattino era fuori su cauzione e al pomeriggio era su un aereo diretto in Nigeria. Perché uno debba scegliere proprio la Nigeria come luogo di rifugio non l’ho mai capito.-

-La Giustizia non è perfetta, lo riconosco.- replica Liz.

-Gentile da parte tua. Il punto è che io…-

            Capitan America è la prima ad accorgersi del puntino rosso che appare improvvisamente sulla fronte di Morgan, segno inequivocabile di un mirino laser, ed agisce di conseguenza.

            Spinge Morgan a terra proprio un attimo prima che un proiettile si conficchi nel muro alle sue spalle proprio all’altezza di dove si trovava la sua testa. Altri due spari e due guardie del corpo cadono a terra colpite.

            Il cecchino sta sparando dal palazzo di fronte. Senza nemmeno pensare ai rischi, Liz comincia a correre in quella direzione.

 

            Penitenziario Federale di Supermassima Sicurezza di Florence, Contea di Fremont, Colorado. Martedì, ore 11:55. Ora delle Montagne Rocciose degli Stati Uniti.

            Il massiccio Dottor Faustus guarda i suoi interlocutori e con molta calma dice:

-E così vorreste il mio aiuto per deprogrammare Jack Flag e Spirito Libero dal condizionamento a cui li ha sottoposti il Consorzio Ombra? Credo di poterlo far, alle giuste condizioni.-

            Lo sguardo del Direttore del F.B.S.A. è abbastanza eloquente, come pure quello della sua vice Maria Hill che replica freddamente;

-Lei non è nella posizione di dettare condizioni, Dottore.-

            Faustus solleva un sopracciglio e con tutta calma ribatte:

-Davvero? Allora suppongo che il colloquio finisca qui. Lei è d’accordo. Mr. Sitwell?-

            L’uomo dai capelli biondi e occhi azzurri vestito di grigio con un cravattino a farfalla inghiotte amaro mentre risponde:

-Di quali condizioni parla?-

            Faustus sorride sornione.

 

            Harlem, Manhattan, New York City. Domenica, ore 19:48 Ora della Costa Orientale degli Stati Uniti.

            Capitan America corre a zig zag per evitare i proiettili ma non ne arrivano altri. Che il cecchino sia già scappato?

            Poco importa ormai, pensa Liz Mace, non si fermerà adesso. Con un atletico balzo si aggrappa al bordo di un cornicione e poi fa una capriola che la proietta verso un’asta di bandiera e da lì balza ancora verso l’alto finché non raggiunge un certo piano.

            Se ha calcolato bene la traiettoria dei proiettili, il cecchino ha sparato dalla finestra davanti a lei e se si è sbagliata,chiederà scusa al proprietario.

            Sfonda con un calcio il vetro ed entra nella stanza. È spoglia. Il palazzo deve essere abbandonato, uno di quelli di cui è in atto la riqualificazione probabilmente. Magari, ironia del destino, è di proprietà proprio di Morgan.

            Adesso questo non le importa. Nell’aria c’è ancora l’odore del propellente per i proiettili. Il cecchino era qui. Se avesse provato a scappare verso il basso avrebbe trovato gli uomini di Morgan ad aspettarlo, quindi ha preso la via dei tetti.

            Liz esce dalla stanza e si precipita su per scale fatiscenti. Spalanca la porta di accesso al tetto ed esce all’aperto.

            Qualcosa la colpisce nell’esatto momento in cui la porta si apre. Stupida, si dice, sei stata troppo precipitosa.

            Una mano robusta dalla stretta ferrea le stringe la gola ed una voce roca e quasi sussurrante le dice:

-Non dovevi ficcare il tuo bel nasino in affari che non ti riguardano, Capitano.-

            Il suo avversario la solleva facilmente, quasi fosse senza peso e la tiene sospesa oltre il bordo del tetto.

            È un uomo dalla pelle chiarissima nonostante i lineamenti facciano pensare ad un afroamericano. Indossa un gessato nero con un fiore rosso all’occhiello ed ha ovviamente una forza superumana.

            Liz Mace sa chi è, lo ha riconosciuto da foto e servizi televisivi sul suo processo e se riuscisse a parlare, direbbe sicuramente il suo nome: Lapide.

 

 

3.

 

 

            Hell’s Kitchen, Manhattan, New York City. Lunedì, ore 13:15. Ora della Costa Orientale degli Stati Uniti.

            La Dottoressa Claire Temple, attraente medico afroamericano, guarda l’uomo, anche lui afroamericano, seduto davanti a lei al tavolo del diner situato poco distante dall’ambulatorio per indigenti,che gestisce da qualche tempo.

            Benjamin Donovan, Big Ben per i pochi amici e i molti nemici che ha, è un avvocato penalista e il suo maggior cliente è Morgan, il Boss del crimine organizzato di Harlem, il che non contribuisce a renderlo più popolare.

-Allora cos’hai in mente Big Ben? A parte portarmi a letto s’intende.- gli chiede Claire.

-Sei sempre così diretta, Miss Temple?- ribatte lui con un sorriso -E cosa ti fa pensare che io abbia certe intenzioni nei tuoi confronti?-

-Ti conosco Big Ben e ho anche imparato a riconoscere lo sguardo che hai. Scommetto che sai esattamente le mie misure vitali.-

            L’avvocato di colore scoppia a ridere.

-Oh, quello non è difficile, qualunque uomo degno di questo nome ci riuscirebbe e ammetto anche che il pensiero di rotolarmi tra le lenzuola con te mi è passato per la mente… più di una volta in effetti. Sono un cattivo ragazzo, lo sai, ma non puoi negare che cerco di essere sincero con te.-

            Adesso è Claire a scoppiare a ridere.

-A modo tuo, Big Ben, a modo tuo.- replica -Quindi è per questo che mi hai invitato a pranzo? Temo che resterai deluso.-

-Non c’è solo questo, Claire.- ribatte Big Ben -Ho bisogno del tuo aiuto.-

-Del mio aiuto? Che problema può mai avere uno come te?-

            Donovan si fa cupo mentre replica:

-Non sono io ad avere problemi ma mio figlio.-

 

            Harlem, Manhattan, New York City. Domenica, ore 19:58 Ora della Costa Orientale degli Stati Uniti.

            La voce di Lapide è poco più di un sussurro mentre dice a Capitan America:

-Vediamo se ti meriti il tuo nome.-

            Lascia la presa sul suo collo e Liz Mace inizia a precipitare. A quanto sembra, da quando è tornata a New York la gente si diverte a buttarla giù da un tetto, beh stavolta non può sperare che arrivi Falcon a tirarla fuori dai guai, quindi è meglio che si dia da fare subito.

            Per fortuna vive in una nazione patriottica e si può sempre contare sulla presenza di un ‘asta di bandiera. Riesce ad aggrapparsi. Si dondola compiendo un paio di oscillazioni e poi la lascia e dopo un triplo salto mortale atterra indenne al suolo.

            Lapide non sarà rimasto sul tetto ed è improbabile che se la sia filata a piedi, in questo posto uno come lui spiccherebbe come la schiuma su un cappuccino. Deve aver lasciato un’auto ad aspettarlo dietro il palazzo . Forse può ancora…

            Il rumore di un auto che parte le conferma che il suo ragionamento era giusto. Liz sbuca nel vicolo dietro il palazzo proprio in tempo per vedere la vettura allontanarsi. A terra ci sono tre uomini afroamericani con segni di proiettili in fronte e nel petto. Deve averli mandati Morgan ma non sono stati all’altezza di Lapide ed ora sono morti.

            Non può far niente per loro ma forse può ancora fermare il loro assassino. Col traffico che c’è potrebbe non essere andato troppo lontano.

            Cap si mette a correre più veloce che può e vede l’auto ad un vicino incrocio. Senza esitare salta sul tettuccio di una delle vetture che passano e da lì alla successiva. Ripete ancora la manovra. Un altro paio di salti ed è sul tettuccio di quella giusta.

            Un rumore attrae improvvisamente la sua attenzione: una moto si è affiancata all’auto. Il guidatore impugna nella sinistra un fucile avveniristico e spara.

            Liz evita la scarica di pallettoni saltando e rotolando sull’asfalto. Prima che possa rialzarsi la moto inverte la marcia e si dirige su di lei a tutta velocità.

 

            East Harlem, Manhattan, New York City. Domenica, ore 18:24 Ora della Costa Orientale degli Stati Uniti.

            Falcon raggiunge volando la casa popolare che è l’ultimo indirizzo conosciuto, almeno secondo i registri della Sicurezza Sociale, di Reina Alvarez, l’ex moglie del criminale chiamato Shades e madre del suo unico figlio.[5]

            Sperare che Shades sia lì è come sparare alla cieca ma è un tentativo che va fatto.

            Il supereroe afroamericano atterra sulla scala antincendio e dà un’occhiata all’interno dell’appartamento da una finestra. Una donna entra nella stanza e lo riconosce:

-Falcon, che ci fai qui? Aspetta, non dirmelo: il mio ex ne ha combinata un’altra delle sue e tu lo stai cercando.-

            L’espressione sul volto di Sam Wilson è abbastanza eloquente.

-Hai sprecato il tuo tempo: non lo vedo da una vita e mi sta bene così. Quel disgraziato mi ha procurato solo guai ed è già tanto che si ricordi ogni tanto di mandarmi dei soldi per nostro figlio.-

            Un pensiero attraversa improvvisamente la mente di Falcon.

-Quando ha ricevuto l’ultimo pagamento?- chiede.

-Ieri… ieri mattina, perché?-

-Ricorda da dove?-

-Un ufficio della Western Union del Bronx. Dovrei avere ancora la ricevuta.

            Un indizio finalmente.

 

 

4.

 

 

            Harlem, Manhattan, New York City. Domenica, ore 20:02 Ora della Costa Orientale degli Stati Uniti.

            La moto si avvicina a grande velocità decisamente incurante delle comuni regole del traffico. Cap considera per un istante la possibilità di lanciare lo scudo per bloccarla ma la scarta immediatamente: rischierebbe di provocare un incidente che coinvolgerebbe degli innocenti.

            Salta evitando la moto e poi corre verso un vicino vicolo. Il veicolo inverte la marcia e s’infila nel vicolo a sua volta.

-Non ti facevo il tipo che scappa, Capitano.- le si rivolge il guidatore.

            Liz Mace si ferma e si gira di scatto.

-Non stavo scappando.- afferma risoluta -Ti stavo portando dove volevo io.-

            Lo scudo saetta nell’aria andando a centrare la ruota anteriore della moto. Il pilota perde il controllo e sbanda. Riesce, però a saltare giù dal sellino senza danni.

            Cap non ne è troppo sorpresa: ha di fronte un professionista dopotutto. Lo ha riconosciuto dai file che ha letto sui più noti sicari a pagamento: J.R. Walker alias Mitraglia, ex membro delle Forze Speciali dell’Esercito, ex operativo della C.I.A. in operazioni segrete e dotato di uno speciale fucile capace di sparare vari tipi di munizioni, da quelle più tradizionali alle più inusuali. Quasi certamente è stato lui a sparare a Morgan ed ai suoi scagnozzi. Ma se è così, qual era il compito di Lapide? Per chi lavorano entrambi?

            Il primo gesto di Liz raggiungendo il suo avversario è allontanare quel fucile con un calcio.

-Non mi serve un’arma per batterti.- dice Mitraglia sfilandosi il casco ed infilandosi con calma un paio di occhiali da sole -Sono stato il migliore del mio corso nel combattimento corpo a corpo.-

-Oh non dubito che tu sia in gamba…- replica Cap -… ma vedi, per quanto efficiente sia stato il tuo addestramento, il mio è stato migliore. Tu eri nella Delta Force, ma io… io sono Capitan America.-

            Liz getta a terra lo scudo e si mette in posa di combattimento.

-Siamo ad armi pari adesso.- dice.

-Hai sbagliato a rinunciare al tuo vantaggio.- ribatte Mitraglia sferrandole un colpo col taglio della mano che lei para facilmente.

-Ne sei davvero convinto?- è la sua replica.

            Nei minuti che seguono Liz si limita a parare i colpi del suo nemico, poi improvvisamente passa all’azione sfruttando un momento in cui abbassa la guardia e gli sferra un calcio all’addome, poi lo colpisce di taglio al collo.

            Lo osserva cadere e commenta:

-Come ti avevo detto: tu sei bravo ma io sono Capitan America.-

 

            Aeroporto di Denver, Colorado. Martedì, ore 16:30 Ora delle Montagne Rocciose degli Stati Uniti.

            Jasper Sitwell si rivolge a Maria Hill seduta davanti a lui nel jet del F.B.S.A. che sta per riportarli a Washington:

-Qualcosa la turba, Vice Direttore Hill?-

-Questa situazione non mi piace per niente.- replica la giovane donna -Lei è il Direttore e devo rispettare le sue decisioni ma…-

-… ma non le condivide, ho ragione? Parli pure liberamente. Se lei rispetta le mie decisioni, io rispetto le sue opinioni e sarò lieto di ascoltarle.-

            Maria Hill getta un’occhiata torva all’uomo in gessato verde scuro seduto poco distante ammanettato al sedile, poi dice:

-Non mi è piaciuto scendere a patti con Moonstone ma Faustus… è vero che si è rivoltato contro il Teschio Rosso aiutando i Vendicatori a sfuggire ad una delle sue trappole,[6] ma quell’uomo è comunque un pericolosissimo manipolatore e cercherà di certo un modo per fregarci.-

-Un termine che io non avrei usato ma… sono d’accordo con lei Vice Direttore Hill: non possiamo fidarci di Faustus.-

-E allora perché…?-

-Lui può davvero aiutarci a deprogrammare Jack Flag e Spirito Libero e questo è molto importante per noi. Al Dipartimento della Sicurezza Interna credono che sia nell’interesse di Faustus aiutarci e che rispetterà i patti pur di avere i... privilegi che ha richiesto in cambio del suo aiuto.-

-E lei cosa crede?-

Jasper guarda verso il prigioniero che sorride in modo decisamente inquietante e risponde:

-Credo che abbiamo fatto un patto col Diavolo e potremmo finire tutti bruciati.

 

            South Bronx, New York City. Domenica, ore 20:24 Ora della Costa Orientale degli Stati Uniti.

            Non accade spesso di vedere la figura di Falcon sfrecciare in volo da queste parti ma stasera il protettore di Harlem ha deciso di stanare la sua preda a casa sua e finalmente la sua attesa è stata premiata. L’uomo chiamato Shades esce da un bar ignaro di essere spiato.

            Portarmi dal tuo amico Comanche, pensa Sam Wilson, e non metterci troppo.

 

 

5.

 

 

            Harlem, Manhattan, New York City. Lunedì, ore 10:02 Ora della Costa Orientale degli Stati Uniti.

            Lo sguardo dell’Agente del F.B.I. James McElroy è decisamente torvo mentre chiude la comunicazione telefonica.

-Brutte notizie?- gli chiede la Detective di Terzo Grado Stacy Dolan.

-Le peggiori.- risponde McElroy -Mitraglia è scomparso.-

-Me lo aspettavo.- commenta il Sergente Lou Snider, l’unico afroamericano del terzetto -Scommetto che i suoi amichetti della C.I.A. si sono dati da fare.-

-Posso sapere che sta succedendo?-

            A parlare è stata Capitan America appena entrata nella saletta riservata alla task force sui crimini d’odio nella sede del 28° Distretto di Polizia.

-Scusate se mi intrometto ma…-

-Lei è sempre la benvenuta Capitano.- replica Snider alzandosi in piedi -Stavamo proprio parlando di qualcosa che la riguarda.-

-Mitraglia, se ho capito bene.- ribatte Cap.

-Esatto.- interviene McElroy -Lo hanno scarcerato stamattina e se ne sono perse le tracce.-

-Ma com’è possibile?-

-Vorremmo saperlo anche noi.- replica Stacy Dolan -Il Sergente pensa che sia opera della C.I.A. o qualcosa di simile.-

-Potrebbe essere. Ho degli agganci alla Sicurezza Nazionale e posso provare a scoprire qualcosa.- riflette Liz Mace.

-Crede davvero di poter tirar fuori delle informazioni a quella gente? Da quel che ne so, non si sbottonano facilmente.- ribatte Snider.

-So essere molto convincente quando voglio.- risponde Liz abbozzando un sorriso.

 

            Manhattan, New York. Lunedì, ore 19:18 Ora della Costa Orientale degli Stati Uniti.

            L’uomo seduto dietro una scrivania di quercia guarda i due afroamericani in piedi davanti a lui: l’albino dall’età indefinibile che indossa un elegante completo gessato scuro e quello più giovane che invece indossa un giubbotto e pantaloni di pelle nera e nasconde gli occhi dietro lenti scure a specchio.

-Avete fatto un buon lavoro.- dice.

-Non così buono.- commenta l’uomo chiamato Mitraglia con una smorfia -Dopotutto Capitan America è ancora viva e anche Morgan.-

-La loro morte non era importante.- ribatte il suo interlocutore -Non è mai stata il mio vero obiettivo. Morgan reagirà a quest’attentato e colpirà chi crede che sia il responsabile.-

-Faccia di Pietra.- afferma Lapide -Quello che lei vuole è provocare una guerra.-

            L’uomo dietro alla scrivania sorride e replica:

-La guerra è già in atto, io sto solo attizzando il fuoco.-

-Per questo ha tirato fuori di prigione Mitraglia come aveva già fatto con me mesi fa?- insiste Lapide.-Lei ha delle risorse notevoli visto con che rapidità c’è riuscito.-

-Non ha ancora visto nulla Mr. Lincoln, mi creda.-

 

            Un jet privato nei cieli della California. Martedì ore 09:32 Ora della Costa Occidentale degli Stati Uniti.

            L’ultima cosa che Lemar Hoskins si aspettava era di ritornare negli Stati Uniti così presto ed a bordo di un jet privato per giunta, senza contare la compagnia della misteriosa donna bionda che lo ha convinto a tornare[7] e che ora lo sta osservando:

-Qualcosa la turba, Mr. Hoskins?- gli chiede quest’ultima.

-Mi stavo solo chiedendo perché perdere tempo con me.- risponde Lemar

-Lei un uomo dai molti talenti, Mr. Hoskins, talenti che in un esilio in Messico sarebbero sprecati ma nella squadra che stiamo organizzando saranno valorizzati al meglio, mi creda. Nei panni di Battlestar può ancora fare molte cose per il suo paese.-

-Lei sembra sapere molte cose di me: chi è veramente?-

            La donna accavalla le gambe e sorride rispondendo:

-Sono una semplice intermediaria ma se vuole un nome può chiamarmi Karla.-

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Non c’è molto da dire su quest’episodio, giusto poche parole su un paio di personaggi:

1)    Mitraglia è un personaggio creato da Ann Nocenti e John Romita Jr. su Daredevil Vol. 1° #272 datato settembre 1989. Chi sia e cosa faccia è ben spiegato nella storia.

2)    Nell’ultima scena riprendo una situazione vista nell’episodio #83 rivelando che non era contemporanea agli eventi ivi narrati ma di poco futura. Dite che non sono stato leale? Accade a volte.

3)    Battlestar viene ripreso dopo gli eventi di U.S.Agent #7 in cui è stato costretto a rifugiarsi in Messico. Come dite: non ve lo ricordate? È perché ancora non l’avete letto ma lo farete presto, ve lo prometto.

            Nel prossimo episodio: il culmine della guerra di Harlem, il ritorno del Cacciatore Notturno e molto di più.

            Vi aspetto.

 

 

Carlo



[1] Nell’episodio #79.

[2] Ovvero due episodi fa.

[3] Ovvero Steve Rogers.

[4] Su Captain America Vol. 1° #134 (in Italia su Capitan America, Corno, #50)

[5] Ovvero l’ex membro dei Difensori chiamato Power Man ma questo Falcon non può saperlo.

[6] Più o meno è accaduto in Vendicatori Segreti #20.

[7] Vista nell’episodio #83.